“The Island” è il progetto site specific dell’artista Hito Steyerl presentato negli spazi di Osservatorio in Galleria Vittorio Emanuele II a Milano.
Con “The Island”, Hito Steyerl intreccia molteplici narrazioni accomunate dal motivo ricorrente dell’inondazione, evocando temi urgenti come le attuali derive autoritarie alimentate dall’uso dell’intelligenza artificiale, la crisi climatica e le pressioni politiche esercitate sulla comunità scientifica. La mostra presenta un nuovo film di Steyerl, realizzato appositamente per il progetto, che confluisce in un’installazione video e dà origine a una serie di sculture, strutture e videointerviste. Attraverso questi lavori, tempo e spazio sono riorganizzati prendendo in prestito la logica della fisica quantistica e della fantascienza per esplorarne le dimensioni estetiche e visuali.
La pratica di Hito Steyerl (1966, Monaco di Baviera, Germania) unisce la produzione artistica con l’analisi teorica per indagare complesse questioni sociopolitiche e culturali, come il potere dei media, l’ambivalenza della tecnologia e della scienza e la circolazione globale delle immagini. Sviluppate a partire da ricerche e interviste, le opere di Steyerl si collocano nell’intersezione tra documentario e cinema sperimentale, spesso estendendo queste forme in una dimensione spaziale o digitale.
L’idea all’origine di “The Island” nasce da un aneddoto raccontato all’artista alcuni anni fa dal critico letterario e accademico Darko Suvin (1930, Zagabria, Croazia), autore dell’opera fondamentale Le metamorfosi della fantascienza pubblicata nel 1979. Durante l’esplosione di una bomba a Zagabria nel 1941, Suvin ha reagito all’evento terrificante immaginandosi all’interno della serie cinematografica di fantascienza Flash Gordon alla conquista di Marte (1938), nella quale l’eroe del fumetto americano salva il destino della Terra.
Come spiega Steyerl: “Suvin si rese conto che in qualsiasi situazione è possibile trovare altri mondi, che è poi il fondamento della fantascienza: creare mondi paralleli anche nelle circostanze più avverse. Sono rimasta profondamente affascinata da quella capacità d’invenzione che ha permesso alla fantascienza di nascere a partire da un evento estremamente critico. In seguito, ho capito che si poteva sviluppare questo concetto in modo visivo attraverso la tecnologia quantistica, perché si occupa di cambiamenti di stato improvvisi della materia, ma anche della coesistenza in uno stesso momento di stati diversi.”
In “The Island” il visitatore assiste a continui salti tra multiple e alternative dimensioni spaziali e temporali. In questo contesto la fantascienza si configura come una narrazione fattuale di finzioni che può estraniarci dalla nostra consueta percezione della realtà e diventare uno strumento che combina mondi opposti o contraddittori, mescolando finzione e dati scientifici.
La mostra si sviluppa attraverso quattro narrazioni interconnesse – “Lucciole”, “The Artificial Island”, “The Birth of Science Fiction” e “Flash!” – ed è scandita dai salti dimensionali tipici della fantascienza e della fisica quantistica: dai microorganismi di animali e piante alle galassie, dal Neolitico al futuro, dalla mostra allo spazio filmico, dalla narrativa letteraria e poetica alla cultura popolare, dall’estetica kitsch dei fumetti ai contenuti di bassa qualità generati dall’IA.
“The Island” suggerisce un tempo che va oltre la comprensione umana, dal Neolitico alla Seconda guerra mondiale, con salti spazio-temporali verso le storie biografiche di Shimomura e Suvin. Con il film e il progetto espositivo, Hito Steyerl attiva intenzionalmente uno scontro produttivo tra due diverse nozioni: il junktime, il “tempo spazzatura”, legato alla tecnologia e al capitalismo che altera il corso del tempo con continui salti e loop che provocano sospensione e stanchezza, e i tempi profondi – il tempo non umano, quello neolitico e quello subacqueo – che scorrono al di fuori dello spettro artificiale generato dalle civiltà umane.